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Non abbiamo ancora capito il “blanding”

Non abbiamo ancora capito il "blanding" cover
Tempo di lettura: 4 min

Il rebranding di PayPal (apparso a molti scialbo) potrebbe essere l'ultima occasione per capire che la brand identity non riguarda il logo, ma l'esperienza globale che offri.


Perché è importante: Questa tendenza è diffusa da molti anni, non possiamo più accontentarci di dire che il nuovo logo è insipido – dobbiamo capirla ora, perché domani sarà tardi.


Da alcuni anni vediamo molti rebranding apparentemente scialbi, che tolgono elementi identitari per inseguire un'essenzialità e un minimalismo che li rendono insipidi. Da qui l'uso – invece di branding – del termine dispregiativo «blanding», da «bland», insipido (ma anche piatto, noioso, sciatto).

È un fenomeno che ha riguardato in particolare i brand di moda, ma non ha risparmiato altri settori. Questa immagine di qualche anno fa rende bene l'idea:

Purtroppo questa immagine è stata ripubblicata molte volte senza credits e non sono riuscito a individuare la fonte primaria per citarla.

Se ne torna a parlare dopo il rebranding di PayPal che ha eliminato il monogramma, tolto il colore e raddrizzato il lettering, col risultato di asportare più o meno qualunque elemento distintivo dal logo.

Questa immagine e quelle sotto sono tratte dal sito dell'agenzia dall'agenzia Pentagram, che ha curato il rebranding di PayPal.

Se ci fermiamo a questa immagine è impossibile dare torto a chi si indigna. Ma il problema è proprio che questa immagine ci dice poco o nulla sulla nuova brand identity di PayPal.

Un tempo il logo era l'elemento cardine di un'identità di marca, tanto che uno dei primi miti da sfatare quando ci si avvicina al branding è ≪un brand non è un logo≫. Oggi no.

Viviamo immersi nei loghi, ogni giorno siamo esposti a migliaia di essi (tra i 5 e il 15 mila a seconda delle stime): è chiaro che anche il logo più distintivo e tecnicamente perfetto rischia di perdersi.

Come scriveva Montale della poesia (in Asor), anche il logo

Sta come una pietra / o un granello di sabbia.

Sta come una pietra, per le aziende che investono tempo e soldi nella realizzazione di un nuovo logo (anziché pensare alla brand identity).

Sta come un granello di sabbia, per le persone che lo vedranno passare davanti ai loro occhi in mezzo a migliaia di altri loghi.

Quello che davvero conta oggi in una brand identity è l'esperienza globale che crea.

E quando guardiamo all'esperienza globale offerta dal rebranding di PayPal finiamo per cambiare idea. Il monogramma (rivisto nella forma e nei colori) torna in situazioni diverse: liberato dall'essere un elemento del logo ha più ampiezza di manovra e ne esce, paradossalmente, valorizzato.

Perfino il logo, in uso, è meno scialbo di quanto appaia decontestualizzato.

Il rebranding di PayPal può piacere o no (nemmeno io sono un fan), ma potrebbe essere l'ultima occasione per capire cosa sta succedendo davvero nel branding.

La tendenza che superficialmente abbiamo bollato come blanding è diffusa ormai da anni in diversi settori, non possiamo più accontentarci di dire che un nuovo logo è insipido.

Dobbiamo capire che a farsi carico della differenziazione e dell'attrattiva sono sempre più spesso altri elementi (come la grafica e le animazioni). E cominciare a giudicare le brand identity per l'esperienza globale che offrono, in uso, anziché decontestualizzare i singoli elementi e giudicarli ad uno ad uno.


Per approfondire: