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Alla ricerca della stabilità nel cambiamento

Tempo di lettura: 3 min

Sempre più manager pensano che il caos sia la nuova normalità e cercano delle strategie efficaci per avere successo in questo nuovo mondo in continuo cambiamento. Il brand è probabilmente la più efficace di tutte.


Perché è importante: Aspettare che il mondo torni alla normalità sembra ormai essere una strategia perdente – questa è la normalità.


Molti CEO pensano che il caos economico globale sia la nuova normalità, ha detto ad Axios Chuck Robbins, presidente e CEO di Cisco e presidente della Business Roundtable (l’associazione di CEO americani con scopo di lobbing).

«C’è una generazione di CEO che, con tutto quello che sta succedendo, probabilmente avrebbe detto: “mettiamo tutto in pausa finché le cose non tornano alla normalità”. Ma noi pensiamo che questa sia la normalità».

Già nel 2018 il primo ministro canadese Justin Trudeau aveva detto al World Economic Forum quella che sarebbe diventata forse la frase più famosa e citata sull’argomento: «Il cambiamento non è mai stato così veloce, ma al tempo stesso non sarà mai più così lento».

Poi è arrivato il Covid, la guerra in Ucraina, l’inflazione, la guerra a Gaza, gli Huthi… solo per fare un veloce elenco. Tutto questo fa impallidire il vecchio acronimo VUCA che si usava qualche anno fa per descrivere il mondo Volatile, incerto (Uncertain), Complesso e Ambiguo in cui viviamo. Tanto da richiedere un nuovo acronimo: BANI, ovvero fragile (Brittle), Ansioso, Non lineare e Incomprensibile.

Alla fine del 2022 il CTO e vice president di Amazon Werner Vogels, parlando all’AWS re:Invent, ha usato un’altra frase che sarebbe diventata una delle più citate sul tema: «Il mondo è guidato dagli eventi» (in inglese suona più accattivante: «The world is event-driven»).

Come dovrebbero muoversi le imprese in un mondo in costante e imprevedibile cambiamento?

Il suggerimento di Robbins è di non mettere in pausa gli investimenti: «La maggior parte dei CEO sa che se sospende gli investimenti per un lungo periodo, con la rapida evoluzione delle tecnologie, può essere lasciato completamente indietro in pochissimo tempo».

Questo è lo stesso suggerimento che nel 2020 diede l’allora Publicis Italy (oggi LePub) a Heineken quando bar e pub chiusero per il lockdown. Da quell’intuizione nacque la campagna Shutter Ads, una delle più rivoluzionarie e premiate di quell’anno (ne hanno parlato più di cento giornali e media in tutto il mondo): l’idea è stata di reinvestire completamente la cifra stanziata per le affissioni per creare pubblicità sulle serrande dei locali chiusi, facendo arrivare quei soldi direttamente ai gestori in difficoltà (ne abbiamo parlato nella puntata 2:3 di Brandroad con Cristiana Boccassini).

Ma c’è un altro aspetto da considerare per trovare stabilità nel cambiamento: il brand.

Il brand è un asset («l’unico asset potenzialmente immortale», nella bellissima definizione di Gaetano Grizzanti) in grado di generare valore sul lungo periodo dando coerenza e significato alle azioni di un’azienda. Azioni che saranno forzatamente più frammentate e con orizzonti temporali di breve termine per rispondere agli eventi e cogliere nuove opportunità. E che senza un brand forte che le tiene insieme rischieranno di confondere il pubblico ed erodere il valore dell’impresa.

Questo mondo fragile, ansioso, non lineare e incomprensibile premierà i brand più solidi, quelli che hanno una visione a lungo termine e che grazie a quella visione a lungo termine sapranno dare senso alle loro azioni sul breve termine.


Per approfondire: