Le persone sono stanche dei contenuti autoreferenziali prodotti dai brand. Questo fenomeno si chiama «brand weariness» e si combatte con l’autenticità, secondo Ludovica Federighi, Head of Fuse. Ma come si fa a essere autentici?
Perché è importante: L’attenzione del pubblico è il bene più prezioso per la comunicazione di un brand, ma oggi non è più possibile conquistarla con l’approccio di dieci o quindici anni fa. Non funziona più e a volte è perfino controproducente.
Se avete guardato la finale di X Factor probabilmente avete un’idea piuttosto precisa di che cos’è la brand weariness, la ≪stanchezza generata dai brand≫ che proviamo quando vediamo un contenuto troppo autoreferenziale. È il premio consegnato alla vincitrice Sarafine: una grande X appoggiata sopra il logo di uno degli sponsor del programma. Molte persone di fronte a quel premio avranno pensato: «Basta, siamo stanchi di questi brand che vogliono essere sempre protagonisti».
La brand weariness (o brand fatigue) è un tema molto attuale. Non esisteva quando lo spazio dei brand erano i trenta secondi delle pubblicità televisive, vissuti dal pubblico come un male necessario per poter avere il proprio intrattenimento quotidiano. Ma oggi i modi in cui i brand raggiungono le persone si sono moltiplicati e la distinzione tra pubblicità e intrattenimento non esiste quasi più: ogni brand è anche una media company, produce intrattenimento attraverso i suoi canali social, gli eventi e molte altre iniziative.
Tutto questo va sotto il nome di branded entertainment. Si tratta di un concetto vasto e difficile da definire, che ho affrontato nella quattordicesima puntata di Brandroad insieme a Ludovica Federighi, Head of Fuse, la divisione di Omnicom Media Group che si occupa proprio di branded entertainment.
Ludovica Federighi mi ha raccontato che per combattere la brand weariness bisogna essere più autentici:
«La nostra attenzione deve trasferirsi completamente su chi ci guarda e di conseguenza quello che dobbiamo imparare a fare per essere autentici è metterci in ascolto. Basta chiedersi cosa guardiamo noi quando ci svegliamo la mattina e apriamo il nostro cellulare. E la risposta è che non vogliamo un contenuto dove il brand parli solo di sé stesso. Quello che vogliamo è divertirci, essere intrattenuti, essere informati…»
La scrittrice e speaker statunitense Nancy Duarte in un famoso TED Talk ha proposto una metafora efficace: ≪Non sei Luke Skywalker. Sei Yoda≫. Luke Skywalker è il protagonista della trilogia originale di Guerre stellari, mentre Yoda è il suo mentore e aiutante. Duarte suggerisce a chi tiene un discorso in pubblico di posizionare sé stesso nel ruolo di Yoda (l’aiutante) e il pubblico nel ruolo di Luke Skywalker (il protagonista). Ed è un consiglio che si può facilmente estendere ai brand, soprattutto quando si tratta di entrare nel settore dell’intrattenimento senza apparire commerciali.
Per approfondire:
- Nella quattordicesima puntata di Brandroad, intitolata Il branded entertainment, Ludovica Federighi affronta più diffusamente questi temi. Trovate anche il racconto della più interessante operazione di branded entertainment dell’ultimo anno, il documentario Clash from the Past per celebrare l’anniversario del videogioco Clash of Clans.