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L’ipotetico liceo del Made in Italy dovrebbe fare tutt’altro

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Sappiamo poco dell’ipotetico liceo del Made in Italy. La premier Giorgia Meloni ne ha parlato in due occasioni, l’ultima ieri, ma c’è una cosa che non ha capito: il Made in Italy è un brand.


Perché è importante: Per creare più ricchezza per il nostro Paese è più promettente lavorare sul brand che sul saper fare (che è difficilmente migliorabile).


Ieri Meloni, in visita a Vinitaly di Verona, ha parlato della capacità degli istituti agrari di creare sbocchi al mondo del lavoro (al contrario dei licei) e ha concluso dicendo: “Ed è il motivo per il quale ragioniamo su un liceo del Made in Italy”. Anche in campagna elettorale ne aveva accennato, in visita in Molise: “Voglio in Italia un liceo del Made in Italy, che formi i giovani per dare continuità a una serie di settori della nostra economia che rischiano di essere totalmente perduti”.

Purtroppo sembra molto difficile sviluppare il Made in Italy creando più posti di lavoro nel comparto agroalimentare: è già il primo settore in Italia per occupazione e in molte zone, ad esempio l’area del Prosecco, è talmente sviluppato sul territorio che si parla di perdita della biodiversità.

Invece servirebbe riconoscere che il Made in Italy è un brand. La pagina inglese di Wikipedia inizia dicendo che “Made in Italy is a merchandise mark” e continua attribuendo dei significati a questo brand: “qualità, alta specializzazione, differenziazione, eleganza e legami con famosi distretti industriali italiani spesso legati al concetto di lusso”. Dovremmo lavorare meglio su questa identità di marca, svilupparla e comunicarla.

Il Frantoio Muraglia, in Puglia, giunto alla quinta generazione ha capito che non avrebbe mai potuto prosperare solamente con le abilità tecniche: faceva già il miglior olio possibile e non c’era spazio per espandersi e aumentare la produzione. Savino Muraglia ha compreso che la via per valorizzare il suo prodotto era il brand. Ha creato una bottiglia unica, bellissima e riconoscibile, un marchio attuale e una comunicazione visiva coerente. E oggi ha uno degli oli più richiesti (e pagati) del mondo. Questa è la via.

Un ipotetico liceo del Made in Italy non dovrebbe avere solo a che fare con l’agricoltura e con la tecnica, ma soprattuto con l’identità di marca. Dovrebbe creare professionisti in grado di comprendere e comunicare cosa andrebbe perso nel mondo se non esistesse il Made in Italy.


Per approfondire: