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Bud Light, un anno dopo

Bud Light, un anno dopo cover
Tempo di lettura: 3 min

Il boicottaggio ha fatto calare le vendite del 28%, si stimano 1,4 miliardi di dollari di introiti mancati. Ecco le analisi più interessanti, a un anno di distanza.


Perché è importante: Un dirigente su quattro dice che la vicenda Bud Light è stata un vero campanello d’allarme per ridurre le azioni di marketing valoriale, secondo il 2024 Radar report di Contagious.


Della vicenda avevamo già parlato in Brandroad Newsletter, l’anno scorso. In sintesi:

  • Il 1° aprile 2022 la star di Broadway Dylan Mulvaney annuncia su TikTok il suo primo giorno da donna al termine di una transizione di genere e inizia a raccontare quotidianamente i suoi «Days of Girlhood».
  • Il 1° aprile 2023 la birra Bud Light celebra il primo anno da donna di Mulvaney inviandole una lattina personalizzata.
  • A partire da quel momento il pubblico di Bud Light (perlopiù conservatore e a disagio con i temi LGBTQ+) inizia un feroce boicottaggio indirizzato all’intero gruppo Anheuser-Busch InBev (che detiene anche Budweiser, Corona, Stella Artois, Beck’s, Leffe e molte altre birre).

A un anno di distanza sono uscite alcune analisi puntuali sull’impatto negativo dell’operazione, tra cui un articolo di tre docenti di marketing sulla Harvard Business Review basato sui dati raccolti da un campione di 150.000 famiglie statunitensi.

È emerso che tra aprile e giugno 2023 le vendite di Bud Light sono calate del 28% rispetto allo stesso periodo dei due anni precedenti. Inizialmente il calo maggiore si è registrato nelle contee con la più alta presenza di repubblicani, ma col tempo queste differenze si sono attenuate (probabilmente perché i rivenditori hanno iniziato a togliere Bud Light dagli scaffali in conseguenza del boicottaggio).

Un mese fa AB InBev ha presentato agli investitori i risultati finanziari del 2023, mostrando una crescita mondiale del gruppo «parzialmente attenuata dalla performance statunitense». Infatti il gruppo potrebbe aver perso fino a 1,4 miliardi di dollari di vendite negli USA nel 2023, secondo la CNN.

Una lettura interessante è arrivata da Contagious nella sua newsletter:

«Nelle società più polarizzate i brand dovrebbero essere particolarmente consapevoli del fatto che non parlano mai solo a un segmento del loro pubblico. Ciò che molti di questi boicottaggi (Bud Light, North Face) sembrano avere in comune è che iniziano con una piccola attivazione destinata solo a un segmento di consumatori, che raggiunge poi un pubblico più ampio».

Ma perché questo boicottaggio è stato così efficace? Secondo le tre autrici dello studio apparso sulla HBR: «I boicottaggi possono avere un impatto maggiore quando un prodotto è più sostituibile, quando è più visibile e quando i consumatori sentono di avere una “proprietà” psicologica su di esso» (di questo senso di proprietà ho parlato diffusamente nella puntata 2:10 del podcast Brandroad, intitolata Di chi è davvero un brand).


Per approfondire: